Pensieri, Poesia, Racconti

Malinconia d’inverno

Sai, percorrerei tutte la strade di questo mondo

Se solo potessi riabbracciarti;

griderei sulla cima più alta di una montagna,

se solo tu potessi sentirmi;

seguirei ogni tua orma e ogni tuo respiro

se solo potessi avvertirti un’ultima volta

e correrei fin lassù se solo potessi raggiungerti.

Sei in ogni mio sorriso, in ogni mia carezza,

in ogni mio abbraccio e in ogni mia lacrima.

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L’analisi psicoanalitica di personaggio poliedrico dalla mente brillante: Albus Silente

Primogenito con un fratello e una sorella minori, Silente inizia la propria carriera come studente ottenendo sin dall’inizio risultati a dir poco brillanti, tanto da diventare in breve tempo uno degli studenti più talentuosi che Hogwarts avesse mai accolto. Le doti e il genio erano però accompagnate dai mormorii sulla sua particolare situazione famigliare: suo padre, infatti, nel tentativo di proteggere la figlia, aveva ucciso dei babbani innocenti ed era stato in seguito incarcerato.

Successivamente  alla morte della madre innescata da uno scompenso della sorella Ariana, il destino di Silente sembrava però già stato scritto all’interno del discorso famigliare: sacrificare il suo talento, la parte di sé più unica e autentica, il suo desiderio di riconoscimento per prendere il posto di capo-famiglia e accudire e proteggere sua sorella Ariana a qualunque costo.

Come sappiamo però, il giovane Silente in un momento di sconforto, reclusione e solitudine conosce Grinderwald: l’incontro fortuito e contingente con un’immagine speculare e narcisistica produce un continuo rimando al genio reciproco e ad una creatività mortifera e nefasta.  I due, invaghiti l’uno dell’altro, progettano la loro ascesa al potere, cercando i Doni della Morte, sganciando il desiderio dalla legge e producendo un godimento fatale e distruttivo. La natura del desiderio di potere del mago era però chiaramente e strettamente compensatoria, volta a voler essere riconosciuto laddove non lo poteva più essere a causa dell’allontanamento volontario da ogni discorso accademico.

Nonostante la consapevolezza circa la malvagità dei pensieri di Grinderwald, decide di perseguire l’ideale di supremazia fino all’esasperazione e all’estremo fino a quando durante un duello contro l’amante, sua sorella rimane fatalmente uccisa.

Il rimpianto per la morte della sorella e per la perdita dell’amore lo accompagneranno per il resto della vita.

Nonostante le premesse non fossero delle più rosee, Silente si pone contro il determinismo psichico freudiano,  cambia le carte del gioco, ribalta la sua posizione famigliare, produce un salto generazionale, originale, unico, geniale rendendo la sua vita unica ed irripetibile. Sorprendentemente e contro ogni prognostico, Silente riesce a carpire una piccola fessura residua di luce e di bellezza ingarbugliata nel destino oscuro, nefasto e tragico a cui sembrava essere inchiodato: trasforma il dolore della sua esistenza nella sua forza. E non si limita a questo: nella sua immensa carriera cerca il tratto singolare, unico, particolare dei suoi studenti facendo emergere talenti e doti.

L’ironia, la stravaganza e l’eleganza con cui si posiziona con gli Altri significativi della sua vita, non sono altro che meccanismi di difesa congenialmente costruiti per mantenere una maschera di neutralità, freddezza e distacco. Grande pianificatore analitico, fatica a provare emozioni e spesso ad esprimere parti di sé. Carismatico, magnetico, a volte manipolativo agli occhi dei suoi interlocutori, produce e comunica pensieri filosofici di una profonda intensità e con una retorica linguistica finissima e raffinata. Nonostante questo, pochi sono gli episodi in cui il mago parla col cuore in mano di sé. È capace però di una forte empatia e compassione: accetta e comprende le mancanze e i limiti delle persone attorno a sé.

Emblematica è anche la sua posizione rispetto alla Morte: realizzando pienamente la propria vita nonostante i rimpianti e lo sconforto, accetta con serenità l’epilogo della sua stessa vita sapendo che la fine non è altro che l’inizio di un nuovo straordinario viaggio e facendo emergere con tenacia la sua pulsione di vita. È morendo che esprime con tutto se stesso la sua natura più autentica e il suo desiderio di vivere, lasciando ad Harry l’eredità della strada da percorrere. È nella morte che riesce a rendersi immortale.

Come la fenice, Silente, rinasce dalle proprie ceneri.

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La solitudine delle anime di notte

Siamo noi che percorriamo le strade della vita senza avere certezza alcuna.

Siamo noi che cerchiamo la vicinanza di qualcuno durante il tragitto per sentirci un po’ meno soli.

Siamo noi che tenendoci per mano sfidiamo la paura dell’ignoto.

Siamo noi che camminando su un tappeto di stelle indugiamo su quella più luminosa.

In costante ricerca.

Ma di cosa ancora non lo sappiamo.

A noi che della destinazione poco importa, ciò che importa è la scoperta, l’esplorazione e la conquista di terre misteriose.

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Tratta in salvo

Nelle più cupe vie di petali opachi vagabondavo

Abbandonata

Distrutta

Sanguinante

Appassionatamente a pezzi

Una luce chiara, vibrante, ardentemente sfavillante ha spazzato il buio attorno a me, mi ha presa per mano e mi ha accompagnata nel suo cuore

Tutte le mie malinconie, le mie nostalgie spazzate via in un turbinio di possibilità

Finalmente scarcerata

Finalmente adorata

Finalmente al sicuro

Finalmente al riparo

 

L’amore mio

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Oltre la sfera celeste

Ancorato a un giaciglio bianco cencio, io lo immagino incarnarsi, trasformarsi in un manto d’acqua di una marea inarrestabile, indomabile ed io una libellula che svolazza a qualche millesimo di metro prendo vita, mi slego dalla gravosa fatica, volteggio, mi libro verso la volta celeste, verso i punti più alti, raggiungo il chiarore. Finalmente assolto, scarcerato da ogni condanna, finalmente libero. Chi non vorrebbe vivere per l’eternità? Sfreccio con la fierezza di chi sa di non potersene mai andare veramente, di chi sa che rimarrà per sempre nel cuore di chi ha amato. Posso andare ora, sono libero.

0ahjclo

 

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10 years challenge

Silenzio

Il mio pensiero vaga

nell’oscurità della notte e

nell’immensità della luce

quando un suono mi riporta

indietro dal tempo lontano

alla realtà del mio mondo,

alla mia vita.

Il mio cuore sussulta

un sorriso riempie il viso di luce

guardo il cielo ispiratore

chiedendomi il senso

di quel suono dolce e familiare

da sentire mio e di nessun altro.

I ricordi di quella persona

mi tornano alla mente

vividi e limpidi

mentre un tumulto di sensazioni

mi percuotono appena sento la sua voce.

 

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Incipit

 12 gennaio 1939, Francoforte

Era una notte fredda e buia come la pece quando decisi di avventurarmi tra i sentieri della Foresta Nera. Oggi sono ormai passati una decina di anni ma il ricordo si fa spazio tra i miei pensieri e in un attimo vengo ricatapultato a quel momento: percepisco gli stessi sinistri suoni che regnavano nella boscaglia, il mio respiro affannoso e lo scalpitante battito del mio cuore. Forse il lettore si starà chiedendo perché mi trovassi in un luogo tanto lugubre subito dopo il crepuscolo; penso che la riposta più onesta e autentica che io possa offrire sia questa: sono una persona maledettamente curiosa e tra le mie passioni più nascoste possiamo trovare lo smodato interesse per le superstizioni e le credenze popolari.  Badate bene a un dettaglio però: per quanto io possa essere ficcanaso – e credetemi, lo sono eccome- non sono uno che si lascia intimidire dalle leggende del luogo e dalle voci locali. A quanto si diceva nel cuore della foresta si trovava un castello diroccato, dimora di una creatura mostruosa e ripugnante che si cibava delle sue vittime –giovani donne vergini e aitanti- subito dopo averle sgozzate o impiccate. Nessun abitante del luogo si era dato disponibile ad accompagnarmici ma comunque un uomo ebbro sulla sessantina e una lunga barba bianca era stato sufficientemente gentile da descrivermi il percorso più semplice da seguire per raggiungere il castello. Il mio lavoro sarebbe stato semplice: riportare fedelmente e nel modo più realistico possibile la descrizione della zona degli orrori con qualche fotografia; e-se fossi stato molto fortunato- al mio caporedattore sarebbero potute piacere e avrei scritto un articolo sensazionale che mi avrebbe fatto guadagnare la stima e il rispetto dei miei colleghi giornalisti. Già, forse mi sono dimenticato di evidenziare che all’epoca, quando ancora ero inconsapevole della veridicità di certe angoscianti storie, la mia massima aspirazione era diffondere tutto ciò che è reale. Ad ogni modo in seguito a questa esperienza mi accorsi di quanto fosse sottile la linea tra realtà e immaginazione. Comunque, ero ormai giunto alla fine del sentiero quando cominciai ad intravedere, al di là della coltre di nebbia, il maniero che si ergeva imponente su una brulla altura pietrosa. Mi ricordo come se fosse ieri la stanchezza e lo sfinimento che cominciarono ad impadronirsi del mio corpo ma il desiderio di continuare prevalse. Mi avvicinai a rilento alla fortezza e con cautela afferrai il mio armamentario fotografico: scattai prontamente qualche immagine mentre un vento gelido mi intimava di tornare indietro. Ostinatamente continuai a perseguire il mio proposito fino a quando non intravidi un’ombra terrificante muoversi in prossimità degli infissi. Incuriosito mi avvicinai al portone principale della rocca che trovai singolarmente aperto. Indeciso sul da farsi e cominciando a nutrire una certa sonnolenza pensai di tornare indietro ma istintivamente, come quasi non fossi più padrone del mio corpo, mi introdussi all’interno dell’edificio. Rimasi immediatamente stupefatto dalla maestosità della struttura che si manifestava dinanzi a me: un’imponente fortificazione medioevale con tracce di intonaco colorate ancora leggermente visibili, una sublime scala a chiocciola, decorazioni finemente scolpite sulle pareti e una sorta di focolare. Fu quest’ultimo dettaglio a risvegliare la mia attenzione; erano ancora presenti delle ceneri, come se qualcuno o qualcosa avesse acceso recentemente il caminetto. Un forte senso di smarrimento e sconcerto si fece sempre più spazio dentro di me fino quando non udii un guaito, dapprima attenuato come il piagnucolio di un bambino, che nel giro di qualche secondo si fece un grido insistente, lancinante e esasperato. Immediatamente mi voltai indietro e comincia a correre all’impazzata con il cuore in gola mentre l’adrenalina oscurava ogni mio tentativo di riportare alla realtà quello che era appena accaduto. Dopo aver percorso un paio di chilometri cominciai respirare a pieni polmoni e l’aria gelida mi entrò impetuosa nelle viscere, caddi in ginocchio ansimando e cominciai a prender coscienza di ciò che avevo visto –o per meglio dire- udito.

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Unione di corpi – unione di anime

carezza-mano

L’unione dei corpi distrugge il desiderio e sprigiona la tenerezza. Il desiderio non è altro che il motore, l’impulso che permette la realizzazione di un’opera più grande, immensa: si tratta di un atto meramente creativo che va al di là della morale umana. La tenerezza scalda il cuore, rende vulnerabili e insieme protegge di fronte alla vastità dell’abbraccio di Morfeo. Così la pace e la beatitudine regnano sovrane dopo l’oscura tempesta.

 

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Guaritrice dell’anima

È vivere tutte le vite del mondo in una sola. È vedere il dolore negli occhi e non fuggirne impauriti.  Immergersi nei racconti, nelle storie e nei vissuti senza affogare. Ricucire, rammendare animi frammentati, feriti, fantasmi di una vita logorati da un destino che non ha dato loro tregua. Il viaggio più vero e autentico è all’interno dell’anima umana: l’asimmetria della scoperta dell’ignoto. curare-anima

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Una giovane donna sola, un ombrello cosparso di lacrime e un uomo che la scruta da lontano e che conosce il dolore e tutto ciò che è perduto. L’addio è solo una delle varianti trame che il destino si diverte ad intrecciare per loro. Lo sa che sarà solo questione di tempo e che prima o poi le loro labbra si sfioreranno ancora e ancora in un lungo ed interminabile istante lungo una vita, prima di dirsi addio –e forse questa volta- per sempre. Lei è bella e vestita dei suoi desideri che non osa raccontare mai, non sa che lui dei desideri non sa più che farsene: li ha presi, stracciati, lacerati, squarciati e li ha osservati annegare negli occhi di lei. Lei che aveva già visto il dolore ancor prima di diventare donna, guardava quell’uomo frantumare, sbriciolare l’ultimo spiraglio di serenità e si chiede che senso abbia avuto attendersi, indugiare così a lungo se poi tutti i sospiri del mondo sono stati gettati sempre più in fondo, giù da quel dirupo. E a nulla serve tentare di riafferrarli prima che cadano perché in cuor suo sa che ormai sono irrimediabilmente perduti. Tutto ciò che può essere ancora salvato è il ricordo di mani che si cercano, che ancora si vogliono, di occhi che si scrutano e di labbra che si baciano. E questo verrà per sempre tramandato nelle terre lontane di quel remoto paesino delle campagne lombarde: la luce dei ricordi illumina il mondo e rinfranca gli animi, anche quelli che si pensano senza speranza –soprattutto quelli che si pensano senza speranza.

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